Il mondo di Ettore Spalletti

Non sono un maestro, non amo essere definito tale, voglio essere chiamato Ettore…non è modestia, come molti mi dicono, non si può chiamare Michelangelo Maestro. Ecco se mi si chiama Ettore e sono riconoscibile con il mio nome come Michelangelo…”. “Quando parlo dell’azzurro penso fondamentalmente al colore atmosferico…che ci circonda. L’azzurro è sempre intorno a noi…Quando uso il rosa, penso all’incarnato, un colore che è sempre mobile, che non trova mai la sua fissità, perché vive gli umori della tua condizione di vita spirituale, di intelligenza. L’incarnazione si modifica continuamente”.

Ettore Spalletti è stato uno dei più importati artisti italiani della seconda metà del ‘900 e degli anni 20 del XXI secolo, scomparso ad 80 anni nell’ottobre 2019

Il mondo di Ettore Spalletti, artista di fama internazionale, è tutto racchiuso nel quadrilatero abruzzese che va da Cappelle sul Tavo, in provincia di Pescara, dove è nato, ha vissuto fino alla morte e dove ha lavorato, Pescara, dove ha frequentato il liceo Artistico, il mare e la montagna abruzzese che lo hanno inspirato nell’attività d’artista ed accompagnato il suo sguardo.

Perché se Ettore, “Non sono un maestro, non amo essere definito tale, voglio essere chiamato Ettore…non è modestia, come molti mi dicono, non si può chiamare Michelangelo Maestro. Ecco se mi si chiama Ettore e sono riconoscibile con il mio nome come Michelangelo…”, ha raggiunto nell’arte contemporanea la fama internazionale, la sua vita e la sua arte hanno sempre avuto luogo nella campagna racchiusa tra il mare e la montagna abruzzese.

Meditazione, riflessione, riservatezza, amore per il mare e la natura, le sue cifre personali.

Geometrie, quelle fondamentali sottese ad ogni forma, colori, quelli primari, pigmenti, legno, alabastro, marmi, carta, foglio d’oro, luce, le cifre stilistiche della sua arte.

La pittura con i suoi colori: il bianco, gli azzurri, i rosa, i grigi, con le loro graduazioni tenui, il giallo, con la variante oro, il rosso porpora, il verde acquamarina ed il tocco di nero.

Quando parlo dell’azzurro penso fondamentalmente al colore atmosferico…che ci circonda. L’azzurro è sempre intorno a noi…Quando uso il rosa, penso all’incarnato, un colore che è sempre mobile, che non trova mai la sua fissità, perché vive gli umori della tua condizione di vita spirituale, di intelligenza. L’incarnazione si modifica continuamente”.

La scultura con la colonna, l’ancora, il vaso, il rettangolo, il bacile.

L’amore per la poesia.

Un’arte senza tempo la sua “non ho mai firmato e datato le mie opere”, ultimante le data la mia assistente Azzurra e me le fa firmare, “è difficile distinguere una mia opera di oggi, da una di trenta anni fa”, opere che invitano al silenzio, alla meditazione.

La sensazione che si prova uscendo dal Suo Studio, che amava definire casa, è di essere avvolti in una nuvola di delicatezza, riservatezza e pace. Uno studio all’interno di un capannone industriale, senza insegne e del tutto anonimo, tanto che se non lo si riesce a trovare e si chiedono informazioni a qualcuno del luogo la risposta è “che vende?”.

Ed il cubo, figura che amava molto, raffigura simbolicamente la casa avita, quella dei nonni, poi dei genitori, dove tutti assieme hanno vissuto, ed in fine sua, quella dei ricordi e dei legami, la più ambita del paese perché posizionata sulla curva del circuito Acerbo, dove sfrecciavo i piloti nazionali importanti, come amava ricordare. Poi gli affetti, le persone a lui care, l’amato fratello, avvocato e appassionato collezionista d’arte contemporanea, la nipote Benedetta, gallerista con il culto all’arte contemporanea e di quella dello zio, la moglie Patrizia, architetto compagna di vita e lavoro, l’insostituibile assistente Azzurra, dal nome evocativo.

Questo è il mondo di Ettore Spalletti, l’artista che non amava essere chiamato Maestro, uomo riservato ed appartato, che il suo amato Abruzzo sta imparando a conoscere, apprezzare ed amare.