Chi si reca alle urne, oggi, vuole risposte veloci a tematiche trasversali che riguardano tutti: ambiente, equità sociale, produttività e benessere per tutti. Le istanze comuni non appartengono a nessun gruppo politico, non sono il vessillo di nessun partito. Fin quando i politici non lo capiranno, l’astensionismo trionferà e l’insofferenza dei cittadini nei confronti della classe politica aumenterà.
In occasione delle amministrative di ottobre l’astensionismo è stato ancora il partito più votato.
In rari casi si è superata di misura la soglia del 50% dei votanti, al primo turno, al secondo l’asticella e’ andata al di sotto nella maggior parte dei comuni.
Così, chi ha vinto non lo menziona, mentre chi ha perso l’ha scoperto, o fa finta di scoprilo; dimenticando che se cinque anni prima aveva vinto era comunque successa la stessa cosa, ad arrivare primo era stato sempre lui. Così fanno sorridere i perdenti di oggi che si interrogano su cosa abbia determinato la disaffezione degli elettori.
Avendone un’idea, proviamo a raccontarla, magari qualcuno ne potrà fare tesoro.
Per spiegare il fenomeno dell’astensionismo bisogna, però, premettere che il cittadino che va a votare ha bisogno di riconoscersi in chi vota, ha bisogno di credere, o sperare, che quella persona sia la persona giusta per portare avanti le istanze che la società in quel momento ritiene importanti. Bisogna, in poche parole, essere rappresentativi dei bisogni e desideri collettivi.
Se, invece, le campagne elettorali sono basate ancora sulla distinzione di colori, sulle accuse degli uni verso gli altri, sulla violenza verbale, sul rancore, se il passato diventa uno strumento politico, senza guardare al presente, ai bisogni reali, ad una società che muta velocemente, dove quello che è certo oggi non lo è più l’indomani mattina, ecco che il partito dell’astensionismo l’avrà sempre vinta.
Si continua a distinguere tra destra e sinistra, tra bianco, rosso e nero, si continua a demonizzare e rinfacciare il passato che come tale è vecchio e sepolto e che molto spesso nessuno degli attuali attori, siano essi elettori o politici, ha vissuto, senza pensare che ai più, specie ai giovani, ma anche a chi vecchio lo è solo anagraficamente, ma non mentalmente, le vecchie ideologie e demagogie nulla dicono e nulla importano.
È tutto ciò, in poche parole, cosa non va più della politica, anzi del vecchio modo di fare politica e che porta la società civile sempre più ad allontanarsi da quel presidio di democrazia che dovrebbero rappresentare i partiti politici. Gli elettori non ne possono più di liti, di rinfacci, di aggressività verbale che spesso sfocia in quella fisica.
Chi vota, oggi, vuole risposte veloci a tematiche trasversali che riguardano tutti: ambiente, equità sociale, produttività e benessere per tutti.
Fin quando vecchie e nuove generazioni di politici continueranno a rivolgersi gli elettori facendo perno sulle solite e ben note dietrologie, molti continueranno ad astenersi dal voto.
È necessario che tutti i politici, vecchi e nuovi, capiscano che le distinzioni tra parti politiche avverse sono solo divisive, così come il continuare a fare leva su fatti passati che dovrebbero essere oggetto di studio da affidare agli storici, perché non c’è futuro senza passato, faranno sempre più allontanare i cittadini dalla politica che sarà sempre più percepita come un corpo estraneo alla società civile, dal quale tenersi ben distanti e separati.
Con un ultimo avvertimento: nessuno si senta superiore, nessuno creda che quanto sopra scritto sia rivolto solo ed esclusivamente agli avversari! E’ uno stato di fatto che riguarda tutti i politici, nessuno escluso, di qualsiasi colore e appartenenza.
Politico avvisato, mezzo salvato!